Il 10 ottobre, alle 18, presso il Cineteatro Sala Farina di Foggia, si terrà la prima nazionale del video 'Mafia Stop', fortemente voluto dal comitato cittadino 'La Società Civile' per innescare una riflessione collettiva attraverso la purezza dell’arte. Esso verrà poi proiettato per alcuni mesi nei cinema di Foggia e provincia, prima dei film in programmazione, oltre ad altri luoghi idonei.
Realizzato e prodotto da RadioSpia records, da La Società Civile e da Wild rat Film, il video è stato sostenuto anche dalla Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, dalla Fondazione Antiusura Buon Samaritano e da Coop Alleanza 3.0. Durante la presentazione, curata dalla giornalista Giovanna Greco, sarà possibile guardare ed ascoltare l’opera (girata in 4k, con suono in surround 5.1), interagire con il cast artistico (che sarà presentato in quella sede) e con il Comitato Cittadino promotore dell’iniziativa.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. È una nenia dolorosa e commovente, il testo fortissimo e vero della giovane Serena Napolitano, che ha innescato la creatività diffusa di Marco Maffei, del Comitato La Società Civile e di tutta la Filiera Culturale nel video Mafia Stop. Parole, pittura, musica e danza si mescolano in poco più di due minuti, che squarciano omertà e silenzi, provocando negli spettatori più sensibili e avvertiti emozioni quasi ancestrali.
Come in un inno di rivalsa, contro la Quarta Mafia e l’indifferenza apatica che accompagna tanta cittadinanza, passiva. La Cattedrale di Foggia ha cicatrici profonde. Le bombe sono la nuova tradizione della città, dove si può morire per gioco, come in un videogame violentissimo e allucinato in pochissimi minuti di ordinaria follia. Ed è accaduto a Francesco Traiano nel suo bar nella primavera del 2021, ferito a morte con un punteruolo in pieno viso. «Foggia è la nostra città, la mia città», recita Serena in quella che diventa una coreografia macabra di un noir, tra vetrine rotte, sirene della polizia, banconote e pistole.
Marco Maffei ideatore del prodotto artistico insieme alla presidente del Comitato La Società Civile Lucia Aprile ha ben chiaro il messaggio e la valenza del videoclip, che sarà proiettato in cinque cinema del territorio (La Città del Cinema, la Sala Farina e l’AltroCinema Cicolella di Foggia, il CineTeatro Adriatico di Vieste e il CineTeatro dell’Opera di Lucera), per poi essere distribuito su altri canali. Il racconto di Maffei è un flusso di coscienza. «Avevamo il testo di Serena, che aveva 13 anni quando lo ha scritto per il contest Mafia Stop, arrivò terza, ma Lucia Aprile colse la potenza delle sue parole.
L’abbiamo aiutata con la dizione, all’inizio avevamo solo l’audio, nel dubbio che non fosse adeguato lo abbiamo fatto ascoltare. Il nostro primo interlocutore vero fu il Vescovo, è stato lui ad esortare il Comitato a diffonderlo con una forma cinematografica». Il video avrà una sua diffusione capillare. Con proiezioni dedicate nelle scuole, per poi avere dei passaggi sulle tv locali fino alla presenza dal prossimo 15 ottobre, ma come singolo audio, su tutte la piattaforme musicali con l’etichetta Radio Spia.
«La concepiamo come opera d’arte – prosegue Maffei- e non permetterò che venga utilizzata per scopi politici». In tanti nella produzione hanno sostenuto il video che è un contenuto collettivo, per la regia di Niki Dell’Anno e Marco Maffei, le coreografie di Lucia Fiore di Spazio Danza e la danzatrice Mariasole Di Cosmo, l’opera artistica in scena “Quis ut Deus” di Spina.Police e i costumi di scena di Fansauis, Sartoria Shangrillà e Spazio Danza.
Le musiche sono state scritte ed eseguite dallo stesso Maffei, mentre il video è stato girato sul palco del Teatro Regio di Capitanata, coordinato da Carlo Bonfitto. Non mancano i contributi di alcune realtà solidali e culturali, come la Fondazione dei Monti Uniti, la Fondazione Antiusura Buon Samaritano e Coop Alleanza 3.0, in collaborazione con l’Associazione Culturale Mamamà. Nel video Foggia non si vede mai.
Si immagina nella sua normalità e nella sua bestialità mafiosa. «Volevo che si decontestualizzasse il tessuto urbano, non volevo che fosse uno spot promozionale, ho sempre immaginato uno spirito ugualmente proponibile in ogni altra realtà, dove si percepissero l’oppresso e l’oppressore», rimarca Maffei.